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Livido l'asfalto stritola le gomme nel manto bituminoso, ribadisce e fischia viniliche le inerzie immemori di tagliandi, sinistri, targhe, riflessi o sterzi, culmine di emozioni in quell'attimo/punto/spazio di virtù implose, schianti geometrici a suon di aggettivi umanoidi: sintetici modi di essere qui ed ora, ritrovato il bello, miraggio d'orizzonte retorico: "terribilmente" teorico, convesso, fluido. Denso.

Non è odore d'asfalto e pioggia, né crudescenza di autunni che mai saranno sottoboschi, o un che di acre entro porta. Assuefare a sporadiche pregnanze un senso di appartenenza, incurante di genesi o intorno, definendo sillabazioni antropomorfiche e sibilliche, a suon di basamenti di quarzo sintetico a combinatorie controllate, mai compromesse, sferzante alfabeti di mimiche, concetti e linguaggi di notizie, virtù AK47ggianeggianti e linearmente doubleface, oramai consuete.

Oppure sguainate poi elettriche le chitarre di padri/figli del Voodoo, vissuti non di meno anni 33, o disinibite i teenager a muse, deflorando senza dolore quell'ultimo piglio d'Essere, in Potenza, libere marche di un che di totale e minimo ribadire nello scarto di senso una libertà figurata rotonda,  evanescente.

Altrimenti respirare a pieni polmoni e vivere.


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Chill-in
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