Variazioni - 2007

#1

Quella tristezza che sembra provenire dall’animo, fisica al punto che all’altezza dello stomaco si sente un dolore simile ad un pugno, e senza l’appetito della gaia estasi solare abituale.
Questo è il grigio vivere, la pioggia ha lavato le mie membra, le mie spoglie sembrano piuttosto stracci, così, con tal valore, vien valutato il mio sorriso, dai posteri, dagli amici. Dove è quel fatto che s’è detto renda conto mestità dell’esistenza? Con che criteri sviluppansi definite classificazioni dell’azioni umane?
Che rimane ad oggi, che è in ultima istanza vivere questi respiri, prolungare consumando merci e merci come amicizia: mercificazione totale, combattere la mercificazione, combattere se stessi, combattere con arma da fuoco, sanguinare del nemico, proprio sangue porporino che screpita come foglia sotto scarpa, il sottoscala fantasioso terribile l’uomo nero del sotto scarpa, della mia suola, la forma che il calzolaio robotica ha prodotto al posto del cuoio con il quale solitamente si poteva attingere a quella morbidità che è propria della vera che pelle, che il suddetto polverìo pirico ha colpito con lancia e con mazza di baseball, quello sputo che percorre orizzontale senza fermarsi centimetri del campo d’erba, area quantomeno delimitata dalla funzione sociale e quindi differenziata da colori ed usi e emozioni.
Vorrei emozionare un poco in un posto tale per cui se e solo se v’è un sorriso, stridano le ruote del carro quadrate, sì che rimbalzi femorale ambrodisiaco e malfattore quel reggente, cosciente ultimo delle nostre azioni e pensieri. Si, ho molto peccato in omissioni omissis (omissis), si si, quell’onirico onice che al collo regge un cavallo da corsa che lo sperono e stellette, miliardi di chilometri di cemento mentale.
Milioni di miliardi di miliardi di chilometri di vuoto e l’universo a senso unico, mio vociare, stridula di nuovo e non rigoglisce quel vegetante che marittimo e marziano sfoglia come tomo il mio percorrere consunte strade.
Ecco tale e rigido inverno estivo si accascia giù del mondo della provincia della fame favelica che al solo sguardo schiocca la lingua come di secco. Sì! Al pugno s’aggiunge cadaverico schioccare e i fucili trapassano corpi oramai poco uomini, umano animale sociale morde senza tenaglie quel bullone che regge leve sollevanti mondi col solleone nell’afa.
Quel sogno di mezza estate in scadenza, quella scadenza di coloranti che chimica odora elettrodomestici, domestici che fan le bizze come cavalli speronati e pirici, quei piromani che esplodono taniche, l’uomo di latta ha deciso infine di colpire con corpo contundente quella tristezza.
La tristezza ammansita che piange il cuore discutibile a partire dal condividere sensazione di nostalgia, la versione beta, quella che senti tra le mani megalitica ed omeghica, sonora, gutturale riarsa, carrube a cibare gli assetati e il sesso come circo vedendolo in televisione.
Ti televedo tramite checchessia, distorsione - elettronicosfericosmoggatica - di quel bolide che sgomma roboante su due piedi, omerico colpisce con fronte di forza un palo chiarorificatore, giacché privo di calorifero lucifero decide di ammansire vizi tramite ghiaccio, casto lussurioso il mio povero castrato,
buono con salsetta!




qp - dbpqibundidbpq- db


#2

Lancio un dardo al mondo intero, sì che vada a raggiungere centro di gravità cui tempo lorché determinato. Immagina essere senza possibilità di plasma, gruppo 00 doppio zero doppia goccia televisiva e oftalmica, quella scorreggia di Buongiorno, molto american dream, la trinca che galleggia la Trinca e l’ornitorinco. Occhéi: datemi a grappoli quel nettare yoga ornitologico. Vari falchi soprassiedono al sassofono e ad un piano ammezzato del mio stabile [Affitansi stamberga amanti gorgonzola]. A ‘ndo stai a Ggianfranco?? Quell’uomo perfetto e nubile maxi goleador G. Zola che andiam discutendo, credo sia troppo basso.
Diciamo in chiave di fa.

Sì! 'sì: lancio un dardo dinamitardo e premo contro il limite di questi processori di parole, il processo da cui vulvano i Sartre e le Sastre. Volesse iddio essere un sarto e accomodarmi l’adolescenza, potessi lasciarmi pignorare qualche freudiana voglia, mmh… la voglia di fragola fragrante!

L’altro giorno ho visto il tv, Chanel 5, fragranze screpitanti, pop corn e lambrusco; brutto accostamento e il palato fu paladino del gusto, molto classico, palladiano.




qp - dbpqibundidbpq- db


#3

Così: solitario vago tra i miei pensieri, e le richieste del mondo d’essere qualcosa per qualcuno: valutabile ed elencabile, categorizzabile e definibile, utilizzabile o sfruttabile, consumatore, decedente, precedentemente la reincarnazione forzosa in colletto blu, già che pel bianco v’è inflazione, a dispetto della qualità degli studi dell’evergreen ministro nostro del culto economico.

Ecco, rifletto alcune sfumature grigie sul muro, spingo il tuo colore a margine della situazione che vivo e penso, a quanto son serio a pensare al mondo senza colpo ferire o conclusione raggiungere..

Quella meta agogno, ad agosto l’effetto serra mi soffocava, oggi pure, ma sarà colpa del tempo, quelle mezze stagioni trasognate e i fianchi tuoi, porporini e densi, gustosi e lisci, morbidi e vasti, indimenticabili e fonte di sofferenza, tristi.

Penso al 5 come genesi del mondo percepibile, il 7 come 2 unità successive, cabaliche due unità oggi che sono uno, uno come un altro, non qualificato dal tuo profumo, non visto se non a terra, sgonfie e mogie codeste nuvole stamani.

La sera poi scese, io fui pallido e assorto presso l’ermo tuo seno, dolce, cospirante contro la ragione, lì ancora a chiedere venia del mio sorriso, sì che troppo sincero potesse risultare all’altro, disarcionando il genio tuo dal valore suo proprio.

Irlandese il prato preme i sensi miei ricolmandoli però d’autunno: fortunatamente perenni le istituzioni non assumono quei colori che lascian riflettere l’essere rappresentati.

Mi occupo di politica a tempo perso e ci perdo tempo per nulla, la direzione smarrita nel preferire al gioco giogo di vita complessa, alla ricerca del senso del mondo che in quanto sociale non privasi dell’organizzazione e sul delinquere a spender parole tra me e il mio sé, brutta bestia, da quando Sigismondo trapassò sua madre-sputa-fuoco, e decise di triplicare l’anima nel tentativo d’allontanarla dalle grinfie arpiache dell’altra madre chiesa

D’ignominiache vie traverse madre: vie felicemente discusse in termini occulti, sovente, da qualcuno che azzarda severo e ripiomba nel dilemma istintivo umano,
scisso da pendoli tra le mezz’ore antecedenti o seguenti il blu del mondo mare oceano acquatico e dissolventensi ghiacci cui acclusi.

Conchiudo il mio guscio all’alba, vampirico necessito di sostanze legalmente narcotiche per sopportare un altro singolo minuto, per mesi, ancora.

Vedo materia in tutto:
nei significati discutibili da noi utilizzati sembra vivere matematico un mondo altro, tentai ivi la ricerca dell’uno ma, giuntemi tardi, le meraviglie dell’ingegno risultano complesse, lì dove il luogo non ha né tempo umano né dimensione, lì dove i sogni raccontano i colori del gusto e l’odore del suono.